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Quanti muri
9 novembre. Quest’anno è facile ricordarsene, mentre tutti i giornali e le televisioni fanno da cassa di risonanza alle celebrazioni: vent’anni fa, in seguito a un percorso storico e, insieme, per un equivoco, cadeva il muro di Berlino.
Convenzionalmente la caduta del Muro rappresenta la fine di un’ideologia, ma anche di un sistema, di un mondo, di una società.
Un bisogno a tutto tondo
L’alzheimer? Si combatte lavorando. È la conclusione di una equipe britannica che ha analizzato oltre milletrecento persone in relazione al progresso del morbo, incrociando i dati con significative vicende della vita.
Si è così scoperto che andare in pensione presto è deleterio: non è il riposo che ci salva, ma il lavoro, che andrebbe portato avanti per tutta la vita, possibilmente senza cambiarlo.
Sorvolando su questo ultimo dettaglio, che mette in difficoltà le nuove generazioni (un giovane oggi difficilmente potrà mantenere lo stesso impiego per tutta la vita), la ricerca rivela una verità: non siamo nati per battere la fiacca, ma per renderci utili.
Che la nostra sia la società delle contraddizioni ormai è evidente: i settantenni competono per forma fisica con i trentenni e si offendono se vengono definiti “anziani”, ma aspirano al pensionamento come alla terra promessa, fine di tutte le pene. La vedono come una vacanza a vita, che però dopo i primi mesi comincia a rivelarsi una gabbia dorata.
Fa una certa pena vedere persone ancora valide sprecare il loro tempo giocando a carte al bar, o commentando i fatti politici sulle panchine dei giardini.
Una condizione innaturale cui alcuni (rari) trovano rimedio reinventandosi missionari laici in Africa per periodi più o meno lunghi, altri dedicandosi anima e corpo alla famiglia. Pochi invece, sempre troppo pochi sono coloro che mettono con regolarità le proprie competenze a disposizione della società: vicini di casa, quartiere, chiesa.
Gioverebbe agli altri, e anche per la salute di chi dona il proprio impegno. La ricerca britannica tutto sommato non fa altro che confermare una verità biblica: non possiamo fare a meno gli uni degli altri.
L’uomo si dimostra ancora una volta un essere sociale: l’interazione con gli altri caratterizza non solo i suoi desideri e le sue necessità ma, scopriamo ora, anche la sua salute.
Cameron e la felicità inattesa
David Cameron, leader conservatore inglese, ha perso nei giorni scorsi il figlio Ivan, sei anni, affetto da paralisi cerebrale ed epilessia.
Nel ringraziare coloro che gli sono stati vicino, ha scritto tra l’altro: «Abbiamo sempre saputo che Ivan non sarebbe vissuto per sempre, ma non ci aspettavamo di perderlo così giovane e così all’improvviso… Quando ci fu detto per la prima volta quanto fosse grave la disabilità di Ivan, pensai che avremmo sofferto dovendoci prendere cura di lui ma almeno lui avrebbe tratto beneficio dalle nostre cure. Ora che mi guardo indietro vedo che è stato tutto il contrario. È stato sempre solo lui a soffrire davvero e siamo stati noi — Sam, io, Nancy ed Elwen — a ricevere più di quanto io abbia mai creduto fosse possibile ricevere dall’amore per un ragazzo così meravigliosamente speciale e bellissimo».
Di fronte a una confidenza così sentita, suona ancora più blasfema la notizia che arriva dagli USA, secondo la quale «Una clinica della fertilità di Los Angeles, scrive il sito web della Bbc, ha iniziato a offrire la possibilità di creare bambini su misura: i genitori potranno scegliere sesso, colore degli occhi e dei capelli degli eredi. Il primo neonato su ordinazione sarà “pronto” il prossimo anno».
Sicuramente addomesticare la genetica adattandola ai nostri desideri di oggi può sembrare comodo, e forse perfino geniale. In fondo l’uomo del XXI secolo, nella sua infantilità, ha dimostrato di non saper resistere al richiamo del “tutto e subito”: si tratti di vita, morte, salute, ambiente, rapporti sociali o altro, abbraccia le scorciatoie con una superficialità sorprendente e senza curarsi per nulla delle possibili conseguenze. Salvo poi, naturalmente, recriminare contro la natura, contro Dio, contro il governo o contro qualunque cosa gli capiti a tiro.
Costruire un figlio su misura, come si fa da tempo per i cani da concorso, sarà forse anche un progresso e una soddisfazione per qualcuno. Ed è certamente vero che, per quanto la sofferenza sia parte della nostra vita, non siamo nati per soffrire.
Eppure, ripensando al dramma di David Cameron, non possiamo non concludere che la vera felicità, per un cristiano, non stia tanto nel poter decidere, quanto nel saper accettare.