Archivi Blog
La solitudine dell’uomo telematico
A leggere il titolo di Repubblica, pare che sia arrivata l’apocalisse della rete: «Facebook sotto assedio: “Cancelliamoci tutti”».
Al centro delle polemiche c’è il sito più cliccato della rete, dove 400 milioni di internauti hanno creato una propria scheda e interagiscono con amici (veri, presunti o fittizi) raccontando senza riserve gusti, passioni, idee: un catalogo di vizi (molti) e virtù (poche) che ha fatto rabbrividire i garanti della privacy a ogni latitudine.
Spiriti sottovuoto
Avie Woodbury è una signora che vive in Nuova Zelanda. Non è famosa, né probabilmente intendeva diventarlo, eppure oggi compare sui giornali di mezzo mondo per aver fatto un affare decisamente particolare: attraverso un’asta online ha venduto per 1400 euro due ampolle senza un particolare valore storico, artistico, affettivo o tecnologico.
Già questa sarebbe una notizia – anche se di gonzi, a questo mondo, ce ne sono parecchi -, non fosse che il presunto contenuto delle bottigliette in questione è ancora più clamoroso del prezzo: la venditrice assicura infatti che nei due contenitori, rigorosamente tappati, sarebbero stati rinchiusi due fantasmi “catturati in casa sua con l’aiuto di un esorcista”.
Un papà vero
“Una mamma chiamata papà” è il titolo di un servizio che la Stampa, oggi, dedica a un “boom silenzioso”: sono sempre di più i papà che ottengono dal tribunale l’affido dei figli. Nel 2008 erano già 350 mila i minori cresciuti dal padre.
Non saranno padri «sereni come quelli che, ogni giorno, si vedono sorridere nelle pubblicità, in tv, a mangiare allegri attorno a un tavolo, accanto ai figli», ma ci sono e si impegnano ogni giorno nel loro nuovo ruolo.
Leggi il resto di questa voce
Armi non convenzionali
Finora a indignarsi con Dan Brown, il sopravvalutato autore di “Il codice Da Vinci” e “Angeli e demoni”, era stato soprattutto il mondo cattolico, per quei riferimenti al fantomatico matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena, pesanti soprattutto in un romanzo venduto in milioni di copie, che molti lettori hanno confuso con un manuale di teologia e storia del cristianesimo.
Poi, in “Angeli e demoni”, l’attacco era stato ancora più frontale, stavolta sul piano politico, nei confronti del Vaticano, tanto da meritarsi un bando dal territorio della Santa Sede.
Leggi il resto di questa voce
Quelle “giornate” poco condivise
Repubblica racconta l’idea di un pubblicitario francese, Vincent Tondeux, si è preso la briga di raggruppare tutte le “Giornate mondiali” attualmente in vigore nel corso dell’anno: si va dalle commemorazioni più significative come la Giornata del ricordo (27 gennaio), a iniziative settoriali come la giornata dei blog (31 agosto) fino a quelle più effimere e inutili come la festa della risata (3 maggio).
Un lavoro per niente banale, che «è stato complicato – ha confessato l’autore – dalla necessità di verificare se quelle che si proclamavano “giornate mondiali” non diventavano poi il raduno in salotto di pochi entusiasti».
Nonostante la sfoltita delle giornate mondiali meno credibili, nell’elenco ne sono rimaste ben 190, alcune delle quali cadono addirittura nella stessa giornata.
Tra gli affezionati delle giornate mondiali c’è in prima posizione l’ONU, che ne ha istituite una novantina; «dopo l’Onu e le sue agenzie, sono le chiese le più attive nel promuovere le giornate mondiali, poi le ong, le associazioni, i sindacati professionali e infine i semplici cittadini».
La quantità spesso fa a pugni con la qualità. Le Giornate mondiali sono nate con il nobile intento di sensibilizzare le società su temi rilevanti; con il tempo se ne sono aggiunte altre, superflue e di dubbio interesse globale.
Non basta istituire una giornata mondiale per dare visibilità a un’iniziativa: serve la capacità mediatica di promuoverla, la sensibilità organizzativa nel coinvolgere tutte le realtà interessate al tema, la disponibilità a non considerarsi depositari di un’esclusiva.
Scoprire che le chiese cristiane sono tra le realtà più attive nell’istituzione di Giornate mondiali fa riflettere. Allargando il discorso, l’anno solare è tempestato di commemorazioni, convegni, incontri, raduni, manifestazioni, iniziative, campi di ogni genere e per ogni platea.
Naturalmente quasi tutte le iniziative in questione risultano formalmente “nazionali”, senza che però questo comporti una significativa partecipazione di cristiani provenienti da diverse aree d’Italia, né la collaborazione di realtà cristiane diverse tra loro, nemmeno quando sarebbe verosimilmente possibile e, magari, auspicabile.
Sicuramente organizzare in proprio una giornata mondiale, o un convegno “nazionale”, è più comodo. Viene da chiedersi se abbia senso in termini di presenze, di visibilità, di risultati. E anche di opportunità.
D’altronde se nemmeno i cristiani riescono più a vedere il valore della condivisione (o, per dirla biblicamente, della comunione), c’è da chiedersi chi potrà farlo.
Quelle "giornate" poco condivise
Repubblica racconta l’idea di un pubblicitario francese, Vincent Tondeux, si è preso la briga di raggruppare tutte le “Giornate mondiali” attualmente in vigore nel corso dell’anno: si va dalle commemorazioni più significative come la Giornata del ricordo (27 gennaio), a iniziative settoriali come la giornata dei blog (31 agosto) fino a quelle più effimere e inutili come la festa della risata (3 maggio).
Un lavoro per niente banale, che «è stato complicato – ha confessato l’autore – dalla necessità di verificare se quelle che si proclamavano “giornate mondiali” non diventavano poi il raduno in salotto di pochi entusiasti».
Nonostante la sfoltita delle giornate mondiali meno credibili, nell’elenco ne sono rimaste ben 190, alcune delle quali cadono addirittura nella stessa giornata.
Tra gli affezionati delle giornate mondiali c’è in prima posizione l’ONU, che ne ha istituite una novantina; «dopo l’Onu e le sue agenzie, sono le chiese le più attive nel promuovere le giornate mondiali, poi le ong, le associazioni, i sindacati professionali e infine i semplici cittadini».
La quantità spesso fa a pugni con la qualità. Le Giornate mondiali sono nate con il nobile intento di sensibilizzare le società su temi rilevanti; con il tempo se ne sono aggiunte altre, superflue e di dubbio interesse globale.
Non basta istituire una giornata mondiale per dare visibilità a un’iniziativa: serve la capacità mediatica di promuoverla, la sensibilità organizzativa nel coinvolgere tutte le realtà interessate al tema, la disponibilità a non considerarsi depositari di un’esclusiva.
Scoprire che le chiese cristiane sono tra le realtà più attive nell’istituzione di Giornate mondiali fa riflettere. Allargando il discorso, l’anno solare è tempestato di commemorazioni, convegni, incontri, raduni, manifestazioni, iniziative, campi di ogni genere e per ogni platea.
Naturalmente quasi tutte le iniziative in questione risultano formalmente “nazionali”, senza che però questo comporti una significativa partecipazione di cristiani provenienti da diverse aree d’Italia, né la collaborazione di realtà cristiane diverse tra loro, nemmeno quando sarebbe verosimilmente possibile e, magari, auspicabile.
Sicuramente organizzare in proprio una giornata mondiale, o un convegno “nazionale”, è più comodo. Viene da chiedersi se abbia senso in termini di presenze, di visibilità, di risultati. E anche di opportunità.
D’altronde se nemmeno i cristiani riescono più a vedere il valore della condivisione (o, per dirla biblicamente, della comunione), c’è da chiedersi chi potrà farlo.
Slogan (ir)razionali
La polemica scoppierà a breve, anche se qualche premessa si è già vista nei giorni scorsi: venerdì 13 febbraio uscirà nelle sale cinematografiche il film “Religiolus”, di Larry Charles, già regista del dissacrante “Borat”.
La pellicola ha già mobilitato gruppi di “ultracattolici”, che hanno contestato i manifesti promozionali. Il film promette di attaccare i fanatismi di ogni fede religiosa, e si presenta con un poster dove le celebri tre scimmiette (“non vedo, non sento, non parlo”) rappresentano le tre principali religioni monoteiste.
Alla protesta degli “ultrà” cattolici è seguita la risposta del produttore americano, e a ruota quella del segretario UAAR (quelli dei “bus atei”), che lamenta: «È una gravissima violazione della libertà di espressione. Sembra normale che non si debba parlare di ateismo». Attaccare per poi piagnucolare di fronte alla reazione: un comportamento che, in quanto a razionalità (e maturità), lascia a desiderare.
Il film, spiegano i distributori italiani, “parla ai giovani” con un “linguaggio schietto”, e la campagna pubblicitaria è in linea con questa scelta. Certo, se questo è il registro scelto per parlare ai giovani, viene da pensare che gli amici atei non abbiano un’opinione troppo alta delle nuove generazioni.
Come credenti, di qualsiasi fede, ci sono gli estremi per sentirsi offesi? Forse sì, visto che un aspetto così intimo, profondo, umano come la spiritualità viene banalizzato e irriso senza troppo rispetto.
Si potrebbe rimandare l’accostamento al mittente, ma probabilmente non sortirebbe l’effetto voluto: visto l’orgoglio con cui gli atei rivendicano il dogma delle origini scimmiesche, risulterebbe anzi un complimento.
È interessante invece rilevare che la vicenda mina il luogo comune secondo cui i razionalisti sono gli evangelisti della logica, i sacerdoti della ragione, gli adoratori delle argomentazioni.
A quanto pare, invece, all’occorrenza usano gli slogan, non disdegnano un po’ di propaganda, e se un film o un libro può dare visibilità alle loro ragioni, ben venga, anche a costo di accettare qualche banalizzazione e abbracciare qualche generalizzazione di troppo. Se poi questo porta ad abbassare momentaneamente la soglia del tanto decantato rispetto verso l’altro, pazienza: in fondo, pare di capire, le religioni nei loro confronti hanno fatto di peggio.
Per uscire dall’impasse senza scadere in uno scontro non ci resta che una possibilità: invertire le parti e, come cristiani, dare prova di tolleranza nei confronti di chi vuole provocare.
Lasciamo allora le tre scimmiette, e i loro sodali, al loro destino. D’altra parte se gli amici atei hanno bisogno di un film alla Borat e quattro autobus per farsi coraggio, per chi crede non c’è molto da preoccuparsi.
Il ritocco della discordia
Ago 5
Pubblicato da pj
Gisele Bundchen è stata protagonista, ieri, di una vicenda quantomeno curiosa che la riguarda peraltro solo indirettamente.
La famosa e ricercatissima modella brasiliana ha posato per la campagna pubblicitaria di una marca di abbigliamento. Nella foto compare a dire il vero poco vestita, e questo potrebbe già essere motivo di ironia, se la pubblicità in questi anni non ci avesse abituato a paradossi peggiori.
La cosa che ha fatto discutere è che compare magra. Niente di strano per una modella, se non fosse che Gisele Bundchen è incinta. Un colpo di videoritocco, ed ecco sparire il pancione.
Leggi il resto di questa voce →
Pubblicato su Uncategorized
4 commenti
Tag: abbigliamento, agenzia, attenzione, azienda, collega, commentatore, curiosità, discussione, foto, Gisele Bundchen, gravidanza, ideologia, imitazione, immgine, incinta, ironia, Lavoro, linea, magrezza, media, modella, mortali, pancione, persona, premaman, privacy, protagonista, Pubblicità, relazione, riservatezza, risposta, scandalo, scelta, seminuda, sobrietà, sorpresa, spettacolo, valore, vestiti, vicenda