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Il decennio senza prospettive
Cosa resterà di questo primo decennio di XXI secolo? Se lo chiede, con qualche tocco di lirismo, Vittorio Macioce sul Giornale.
Sembravano anni già visti, detti, profetizzati: «sono stati lì a scrivere, immaginare, sognare, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, viaggi nel tempo, teletrasporti, telelavori, cibernauti, argonauti, terre promesse, visitors e ufo robot. Poi il 2000 è arrivato e sono passati dieci anni. Non è che non è successo nulla, solo che il futuro, quando ci cammini sopra, non è questa cosa straordinaria».
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Solitudine da denuncia
Una denuncia. Poi due, tre, sei. Diverse tra loro ma accomunate dallo stesso problema, un problema che le forze dell’ordine non possono risolvere. Succede in Friuli, ma probabilmente anche altrove: «nelle ultime due settimane – raccontano i Carabinieri al Gazzettino, che ha segnalato la questione – abbiamo avuto sei di questi episodi».
Capita infatti sempre più spesso che persone avanti negli anni raggiungano la caserma dei Carabinieri per sporgere denunce poco verosimili: «Mi hanno spinto, fatto cadere a terra e volevano rapinarmi», è stata la storia di un settantaseienne di Pozzuolo (UD). Ai militari non c’è voluto molto per comprendere che c’era poco di vero: l’abitazione risultava in ordine, l’anziano molto meno, con quel tasso alcolico così sospetto.
Nella mente del credente
«Non c’è nulla di mistico in una preghiera, rivela Repubblica -. Per il nostro cervello rivolgersi a dio [l’iniziale minuscola è del giornale progressista, ndr] è come parlare a un amico in carne e ossa».
La scoperta arriva da scienziati danesi, che hanno esaminato «le reazioni cerebrali di un gruppo di fedeli impegnati nella ricerca di un conforto spirituale attraverso un dialogo con dio [come sopra, ndr], scoprendo che si attivano le stesse aree di una normalissima conversazione. Cosa che non capita quando ci si rivolge a Babbo Natale. Mentre quando si recita una preghiera a memoria si attivano esclusivamente le zone adibite alla ripetizione».
Ai venti credenti presi in esame è stato chiesto dapprima di recitare una preghiera o una filastrocca; poi di pregare liberamente, relazionandosi con Dio con parole proprie; infine di esprimere un desiderio sui doni che avrebbero voluto ricevere da Babbo Natale.
Quando si parla con Dio, «la risonanza mostra che si accendono le aree della conversazione e che, in particolare, quando ci si rivolge a Dio sono attive anche aree della corteccia prefrontale che servono a capire intenzioni ed emozioni altrui, cosa che succede sempre di fronte a un interlocutore in carne ed ossa. Ciò però non avviene quando si parla con Babbo Natale».
Le conclusioni dello staff di ricercatori è stato che «rivolgersi a Dio è come parlare con una persona, mentre Babbo Natale non sprigiona gli stessi effetti perché si è consapevoli dell’aspetto simbolico e lo si considera più un “oggetto”, il protagonista di una leggenda».
Le menti più avanzate e aperte contestano ai credenti la loro fede, liquidandola come una (pia) illusione. Secondo le ricerche danesi, a quanto pare, se si tratta di un’illusione è quantomeno ben fondata: difficile infatti credere nell’esistenza di una persona in maniera così ferma, decisa e convinta da ingannare perfino il proprio cervello. Se non altro, con Babbo Natale non è riuscito altrettanto bene.
Se questa ricerca può essere motivo di riflessione per chi non crede, a chi crede può offrire qualche indicazione che conferma il tipo di rapporto che Dio vuole avere con noi.
Non vuole che lo consideriamo un personaggio di fantasia. Non vuole nemmeno che lo consideriamo reale, ma lontano e distante – in tutti i sensi – dalle nostre vicende. Desidera che maturiamo la consapevolezza della sua presenza, quotidiana e pratica, accanto a noi.
Non vuole che la nostra relazione con lui sia un recitato di preghiere scritte da altri, e ripetute come una litania che tiene impegnata la bocca e il cervello, ma lascia libero il cuore. Vuole sentire la nostra voce, non quella di altri.
Non vuole una lista di richieste di preghiera – guarigioni, promozioni, benedizioni – proposte con maggiore o minore convinzione: vuole un colloquio vero, diretto, perfino interattivo.
Non vuole, insomma, un rapporto parziale, ma totalizzante: non è un caso se il primo comandamento ci chiede di amare Dio con tutta la forza e con tutta l’anima, ma anche con tutta la mente.
Bulimia spirituale
Lug 13
Pubblicato da pj
Scrive Repubblica che, in base a una ricerca di Visual Networking Index realizzata da CiscoSystems, «La giornata online dura 36 ore»: infatti “calcolando le operazioni compiute simultaneamente, il tempo della Rete risulta più lungo di quello reale”.
Eccoci qua: i nostri genitori si lamentavano che una giornata avesse solo 24 ore, i loro figli hanno ovviato all’inconveniente (anche se un giorno dovranno spiegarci perché la natura debba essere vista sempre come una inevitabile limitazione, anziché come un contesto adeguato in cui vivere).
La tecnologia moltiplica le opportunità, dilata la giornata, aggiunge tempo al tempo. Tempo virtuale, beninteso, non reale: ma sarà sorprendente, per chi ha vissuto qualche anno della sua vita nell’era pre-computer, fermarsi a riflettere su quanto sia cambiato il nostro modo di vivere.
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