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Dieci anni dopo
Risulta sempre un po’ retorico, e piuttosto pericoloso, parlare di decenni: come esseri umani facciamo difficoltà a ricordare i fatti dell’ultima settimana, e con fatica mettiamo insieme gli avvenimenti dell’anno, figurarsi il senso di inadeguatezza e l’angoscia nell’affrontare un periodo dieci volte più ampio.
Eppure, con il 31 dicembre 2009, si chiude il primo decennio del nuovo secolo, o – absit iniuria verbis – del terzo millennio. Un decennio è già un lasso di tempo che perde di vista la quotidianità per tendere alle unità di misura adottate dalla storia: in un decennio – specie in un decennio di un’epoca come questa – il mondo cambia significativamente.
Sempre più in alto
«Non pensavo che mi sarebbe dispiaciuto tanto»: le parole di una donna di mezza età intervistata da un telegiornale, probabilmente interpretano con efficacia il sentimento di molti italiani in relazione alla scomparsa di Mike Bongiorno.
Ieri i palinsesti televisivi si sono riempiti di ricordi: le emittenti, da RaiUno a ReteQuattro hanno rispolverato in fretta e riproposto in prima serata i primi programmi e le ultime interviste dello storico conduttore.
Oggi tocca ai giornali: Bongiorno viene salutato come il “simbolo della televisione italiana” (Corriere), “Il signore della tv” (Repubblica), “il papà della tv” (La Stampa), e via declinando.
L'impegno che conta
Venerdì sera comincia il 25.mo convegno annuale di Porte Aperte, base italiana dell’organizzazione umanitaria internazionale Open Doors, da oltre cinquant’anni impegnata a favore dei cristiani perseguitati. Se ne parla sempre troppo poco. Non tanto del lavoro di Porte Aperte, quanto della chiesa perseguitata.
Parla chiaro la World watch list, che ogni anno denuncia la situazione dei cristiani nei vari paesi del mondo: lo fa in modo semplice, attraverso una mappa dove vengono segnalati i paesi dove la situazione per i cristiani è più critica.
Anche per il 2009 si trovano tristi conferme – al primo posto, ormai da anni, resta saldamente la Corea del Nord, seguita dall’Arabia Saudita – e altrettanto amare nuove entrate – la Somalia, passata dal 17.mo al quinto posto per la recrudescenza delle persecuzioni – che non fanno ben sperare.
Perfino un posto trendy e vacanziero come le Maldive è un paese dove chi diventa cristiano perde la cittadinanza e i propri diritti: lo sancisce la nuova costituzione, approvata da pochi mesi.
È sufficiente, di fronte a situazioni simiili, essere spirituali, assicurando la nostra preghiera? Oppure è necessario mettersi all’opera, e sostenere concretamente i nostri fratelli che chiedono aiuto?
Una domanda cui Giacomo, nella Bibbia, risponde in maniera quasi scandalizzata. Porte Aperte la pensa allo stesso modo, e con lei decine di migliaia di credenti che non vogliono rinchiudere la propria fede dentro le quattro mura della sala di culto.
Da più di mezzo secolo, se i cristiani perseguitati soffrono un po’ meno, è anche grazie all’impegno di questi credenti.
L’impegno che conta
Venerdì sera comincia il 25.mo convegno annuale di Porte Aperte, base italiana dell’organizzazione umanitaria internazionale Open Doors, da oltre cinquant’anni impegnata a favore dei cristiani perseguitati. Se ne parla sempre troppo poco. Non tanto del lavoro di Porte Aperte, quanto della chiesa perseguitata.
Parla chiaro la World watch list, che ogni anno denuncia la situazione dei cristiani nei vari paesi del mondo: lo fa in modo semplice, attraverso una mappa dove vengono segnalati i paesi dove la situazione per i cristiani è più critica.
Anche per il 2009 si trovano tristi conferme – al primo posto, ormai da anni, resta saldamente la Corea del Nord, seguita dall’Arabia Saudita – e altrettanto amare nuove entrate – la Somalia, passata dal 17.mo al quinto posto per la recrudescenza delle persecuzioni – che non fanno ben sperare.
Perfino un posto trendy e vacanziero come le Maldive è un paese dove chi diventa cristiano perde la cittadinanza e i propri diritti: lo sancisce la nuova costituzione, approvata da pochi mesi.
È sufficiente, di fronte a situazioni simiili, essere spirituali, assicurando la nostra preghiera? Oppure è necessario mettersi all’opera, e sostenere concretamente i nostri fratelli che chiedono aiuto?
Una domanda cui Giacomo, nella Bibbia, risponde in maniera quasi scandalizzata. Porte Aperte la pensa allo stesso modo, e con lei decine di migliaia di credenti che non vogliono rinchiudere la propria fede dentro le quattro mura della sala di culto.
Da più di mezzo secolo, se i cristiani perseguitati soffrono un po’ meno, è anche grazie all’impegno di questi credenti.