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Sbagliata fino in fondo
«Ma cosa crede, che a sessant’anni cambio vita, cerco un lavoro e mi metto a pulire i gabinetti?»: non sono le parole di una contessa caduta in disgrazia o di un’operaia licenziata dopo decenni di onorato servizio, ma di una donna di mezza età arrestata a Milano per spaccio di sostanze stupefacenti.
Di lei sappiamo solo le iniziali, C.M.: il nome non è stato reso noto, per quel malinteso senso della privacy che porta le autorità a sottrarre al pubblico ludibrio anche i nomi degli evasori dalla bella vita.
La fede di Enzo Jannacci
Sulla fede di Enzo Jannacci avevamo già avuto modo di riflettere qualche mese fa, e già in quell’occasione eravamo rimasti piacevolmente sorpresi sulla sua sensibilità per la figura di Gesù.
Ora, in un’intervista ad Avvenire, il medico cantautore parla a tutto campo delle origini e degli sviluppi della sua ricerca spirituale: scrive Paolo Viana, che lo ha intervistato, che Jannacci «A settantaquattro anni è un uomo che parla con Cristo, che lo cerca ogni giorno, perché – ci dice – ne ha “un gran bisogno”», e se «non ha ritrovato la fede» è «semplicemente perché non l’ha mai perduta: “Credo molto in Dio, ci parlo e non sono mai stato ateo“».
Cameron e lo slalom legale
Scandalo dei rimborsi per il Parlamento britannico, dopo che alcuni deputati hanno presentato note-spese gonfiate. La scoperta della malversazione ha fatto discutere la Gran Bretagna, evidentemente poco abituata a situazioni che ad altre latitudini sono ordinaria amministrazione in quasi tutte le istituzioni e le realtà produttive.
La vicenda ha coinvolto anche vari parlamentari conservatori e per questo il leader del partito, Davide Cameron, ha deciso di prendere provvedimenti seri: ha invitato i parlamentari coinvolti a rimborsare quanto dovuto, minacciando altrimenti di espellerli dal partito.
«La gente – ha detto Cameron in conferenza stampa – ha ragione ad arrabbiarsi con dei deputati che hanno utilizzato denaro pubblico per pagare cose che pochi possono permettersi: si sono comportati in modo poco etico e sbagliato, non importa se entro le regole, comunque sbagliato».
Senso etico, giusto e sbagliato, regole: già verrebbe da complimentarsi per il coraggio di aver osato l’inosabile, evocando tre concetti che normalmente a molti politici – e a molti di noi con loro – danno l’itterizia anche qualora presi singolarmente e in piccole dosi.
Ma c’è di più. Controcorrente fino in fondo, Cameron ha sfatato un mito, demolendo nel suo piccolo una roccaforte della excusatio più comune.
Dopo la pubblicazione del volume “La Casta” e le polemiche che ne sono seguite, i politici e le istituzioni sotto tiro si sono difesi normalmente con concetti apparentemente inattaccabili, come: “tutto è stato fatto secondo la legge”, “non sono riscontrabili violazioni”, “non è colpa nostra se la normativa è lacunosa”.
Cameron ha dimostrato che anche un politico può avere un’anima etica, strigliando i suoi deputati nonostante siano rimasti “entro i limiti previsti dalla legge”: «si sono comportati in modo poco etico e sbagliato, non importa se entro le regole, comunque sbagliato».
Ecco. Di fronte alle tante giustificazioni accampate da politici e amministratori di ogni ordine e grado, dovremmo essere in grado di opporre un sonoro “non importa”. Perché non è la legge che descrive la persona, ma il modo in cui la persona stessa la applica.
Certo, per farlo dovremmo, a nostra volta, riconoscere l’esistenza di un “giusto” e di uno “sbagliato”, di un “bene” e di un “male”: nell’operato dei politici, ma anche nella nostra vita.
Si sa, è più semplice proporsi di cambiare gli altri che tentare di cambiare noi stessi. E forse è proprio per questo che, anche se a parole vorremmo cambiare tutto, alla fine tutto resta com’è.
Le premesse di una dipendenza
Per smettere di fumare, riporta La Stampa, non basta la disintossicazione. Bisognerebbe seguire «”lezioni” per imparare a gestire la rabbia: lo sostiene uno studio della University of California. I test condotti su 20 fumatori hanno scoperto che la nicotina aiutava a calmare l’aggressività e che nella maggior parte dei casi gli amanti delle “bionde” erano persone portate a reazioni rabbiose».
Il test effettuato sui fumatori in trattamento è molto semplice: un videogioco dove, alla fine, si può “punire” l’avversario con un potente segnale acustico. La sperimentazione ha rivelato che quando i fumatori erano in astinenza, tendevano a tramortire l’avversario con maggior vigore: «segno di alta propensione all’aggressività».
«Secondo i ricercatori, la nicotina influisce sulla parte del cervello che regola l’emotività. I fumatori che non riescono a smettere probabilmente hanno difficoltà a mantenersi calmi e per evitare reazioni troppo rabbiose finiscono per accendersi una sigaretta, che svolge l’effetto di un tranquillante».
Di conseguenza le terapie antifumo «dovrebbero contemplare anche un allenamento a gestire la rabbia nelle situazioni che mettono a dura prova i nervi e scatenano un forte desiderio di tabacco».
A volte la medicina ha la tendenza a considerarsi una scienza capace di risolvere, o almeno comprendere, ogni tipo di disagio fisico, psicologico, emotivo.
Fa piacere, quindi, se qualche ricerca scientifica aiuta a cambiare prospettiva, e rivela che considerare l’essere umano solo per la sua fisicità è un approccio limitato e insufficiente a offrire un quadro globale della persona, dei suoi problemi e delle possibili soluzioni.
Naturalmente è possibile curare sul piano medico la dipendenza da nicotina o da altre sostanze; il fatto che ci sia un “dopo” da affrontare, però, dimostra che il problema non si ferma alla sfera medica, ma si allarga al piano psicologico e spirituale.
Razionalmente parlando, d’altronde, la dipendenza non ha senso: nessuno dovrebbe cercare qualcosa che lo fa stare male e che, a fronte a un breve momento di piacere, lo rende schiavo.
Attaccarsi alla sigaretta per stemperare la rabbia comporta la presenza di un motivo di insoddisfazione o di irritazione: solo eliminando questa causa il bisogno di mantenere la dipendenza avrà qualche possibilità di venire superato.
Le premesse di una dipendenza nascono quindi nel vissuto di una persona, in quel complicato equilibrio di relazioni e situazioni che costituisce il retroterra umano, familiare, culturale di ognuno di noi.
L’approccio medico può curare una dipendenza, ma non basta a spiegarla; non c’è quindi da stupirsi se non riesce a debellarne le cause e, di conseguenza, a tenerne lontani.