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Le paure della Fifa
Riecco la Fifa inflessibile, severa, rigida ed equidistante. Ne sentivamo la necessità: in un mondo del calcio dove la furbata è all’ordine del giorno, dove i soldi portano a intrallazzi e malversazioni, dove i problemi dello sport si sommano a quelli della geopolitica, ecco che la Fifa riprende il suo ruolo di custode della pace e dell’ortodossia.
Sì, ne sentivamo il bisogno: faceva troppo male sapere che Blatter e soci avevano glissato con un sorriso sul caso Henry, su quel colpo di mano voluto e rivendicato, grazie al quale la Francia aveva segnato il gol decisivo per accedere alla fase finale della Coppa del mondo. L’Irlanda aveva rivendicato i suoi diritti, esponendo le sue ragioni e chiedendo giustizia: la ripetizione della partita o l’accesso ai Mondiali come 33.ma squadra.
Blatter, come sempre, aveva sfoderato il suo sorriso da politico promettendo di pensarci, e poi come sempre aveva detto che no, non si poteva fare: chi aveva avuto, aveva avuto; chi aveva dato, aveva dato. Così parlò la Fifa in quell’occasione, e la soluzione puzzava di opportunismo, o di interessi sporcati da principi diversi rispetto a quelli rivendicati – d’accordo, erano le Olimpiadi e non i Mondiali di calcio – da De Coubertain.
Un papà vero
“Una mamma chiamata papà” è il titolo di un servizio che la Stampa, oggi, dedica a un “boom silenzioso”: sono sempre di più i papà che ottengono dal tribunale l’affido dei figli. Nel 2008 erano già 350 mila i minori cresciuti dal padre.
Non saranno padri «sereni come quelli che, ogni giorno, si vedono sorridere nelle pubblicità, in tv, a mangiare allegri attorno a un tavolo, accanto ai figli», ma ci sono e si impegnano ogni giorno nel loro nuovo ruolo.
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Tradimenti sdoganati
Per carità: ogni giornale è libero di esprimere il proprio pensiero, e di connotare le notizie come meglio crede. Il lettore, da parte sua, è libero di riconoscere queste inclinazioni e di scegliere se avvalersi o no di quello strumento per la sua informazione quotidiana.
Insomma: se un giornale non mi piace, non sono obbligato a leggerlo.
La premessa è doverosa di fronte a un articolo uscito oggi su Repubblica, dove si parla di adulterio. Fino a oggi abbiamo sentito definire il tradimento come un dramma che rischia di compromettere la relazione di coppia e far crollare una famiglia, con ripercussioni psicologiche e sociali sia per i coniugi, sia per gli eventuali figli.
E invece, guarda un po’, Repubblica scopre che l’adulterio non è poi così tetro come lo si dipinge. Anzi: può essere perfino terapeutico. Chiaro fin dal titolo: “La scappatella? È anti-stress”.
Si comincia con una presunta consolazione per i fedifraghi: «Solo tre coppie su dieci sarebbero fedeli, secondo le ultime statistiche». Ah be’, viene da pensare: allora in fondo non sono così crudele se per caso mi capita. La società non si crea problemi di fronte a una relazione extramatrimoniale, e poi i colleghi parlano solo di quello; se ci mettiamo anche le statistiche accondiscendenti, il gioco è fatto.
D’altronde «Siamo un popolo di fedifraghi e l’adulterio appare ormai come una pratica igienica, spogliata di ogni senso di colpa». Ecco sdoganato il tabù.
E poi è «Un’abitudine accettata. In Italia l’adulterio non è più la ragione principale per cui ci si lascia». In fondo ci sono cose più gravi, come “le incompatibilità caratteriali”. E poi ci chiediamo come mai i matrimoni oggi non reggono più.
Non manca qualche istruzione per l’uso: «Gli italiani tradiscono soprattutto in pausa pranzo. Almeno un adulterio su tre, infatti, viene consumato fra mezzogiorno e mezzo e le due e mezzo del pomeriggio».
Se siete nella categoria degli irriducibili e tentennate perché vi assale ancora qualche senso di colpa, c’è una soluzione anche per voi: «Il nuovo adulterio ai tempi di Facebook è quello che potremmo definire light». Viene citata Maria Rita Parsi che afferma «Sono tradimenti mordi e fuggi, leggeri, poco impegnativi. C’è una presa d’atto che tanto nel matrimonio tutti tradiscono tutti. E così ci si imbarca in piccole storie collaterali vissute per autogratificarsi, che in genere non mettono in discussione e in vera crisi la famiglia». Come dire, niente di grave: una piccola divagazione sul tema.
Se poi non siete ancora convinti, sembra dire Repubblica, fatelo per la salute: veniamo informati che “sempre più sessuologi” disquisiscono di «”adulterio terapeutico che fa bene all’armonia della coppia”. Da scandalo a motivo di vanto, una trasgressione veniale, sdoganata, derubricata. Quasi un diritto, un’opportunità per esprimersi, in certi casi per risarcirsi, basta scorrere le varie poste del cuore».
Non vi fermi l’idea che, con i tempi che corrono, sia meglio la stabilità: Repubblica precisa che «Crisi e recessione non sembrano influire nel ritmo dei tradimenti. Una pratica sempre più capillare».
Magari abbiamo capito male. Magari la collega voleva mettere in luce una tendenza lanciando un allarme. Eppure non riusciamo davvero a cogliere toni di condanna, né sul piano sociale, né su quello familiare. Tanto che di valori nemmeno si parla: ci si limita ad affastellare commenti, pareri, statistiche più o meno compiacenti, con qualche venatura moraleggiante qua e là, ma incapaci di creare un vero contraddittorio rispetto al tema.
E allora talvolta viene da chiedersi se i media si limitino a raccontare la società, o se la società venga condizionata dai media.