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Domeniche diverse
Non è stata il successo sperato, la domenica senz’auto indetta domenica con lo scopo di abbassare il livello di smog in Pianura Padana.
Un’iniziativa sfortunata: partita con l’idea di coinvolgere centinaia di comuni da Torino a Trieste, si è ridotta a uno stop adottato da un numero di municipalità molto limitato (e anche in quel caso con un ampio numero di deroghe), tanto da rendere inefficace la misura.
Quel messaggio che germoglia
«Ho bisogno di Dio e credo nell’amore»: è il titolo di un articolo del Corriere che ieri ha intervistato il cantante Nek.
Nel pezzo si parla anche di fede: lo spunto è il videoclip del suo nuovo singolo, “Se non ami”, brano che, spiega l’autore, ha «scritto dopo aver letto l’Inno alla carità di San Paolo, testo che va alla radice dell’amore, descrivendo come la forza di questo sentimento possa trasformare le persone. Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo squillante, dice San Paolo. Come dargli torto?»
Già, come dargli torto. Certo, questa dichiarazione metterà a disagio i tanti che distinguono la musica cristiana dalla musica secolare, i cantanti cristiani dai cantanti secolari, i talenti cristiani dai talenti secolari.
Se non è credente, come ha potuto comprendere e cantare un passo della Bibbia?
Dio, a volte, lavora con ironia. Illumina con rivelazioni sorprendenti una persona che probabilmente, per i nostri canoni, non considereremmo “credente”. Gli fa capire l’importanza del messaggio divino, la bellezza di un passo biblico, il valore della fede.
Forse non ha ancora fatto una scelta consapevole in questa direzione, ma sta aprendo gli occhi. Troppo poco? Forse per qualcuno di noi, sì; per la Bibbia no.
Il seme ha bisogno di tempo per germogliare, e questo può essere frustrante per chi aspetta. Ma se il terreno è buono, ci sono tutte le premesse per un buon raccolto, a tempo debito.
Desideri senza limiti
Chissà perché, nella nostra società, esistono personaggi che non sono disposti a fermarsi nemmeno di fronte ai drammi umani.
Del caso di Eluana Englaro si è voluto fare un simbolo, un paradigma, travalicando l’interesse della paziente e il suo diritto a un dignitoso silenzio. Non sono mancati, attorno al padre, personaggi più o meno attendibili, pronti ad affannarsi con dichiarazioni avventate – o quantomeno dubbie – in cerca di una visibilità pelosa che odora di sciacallaggio.
Ora emerge il caso di una donna che vuole un figlio dal marito in coma, malato di tumore al cervello. Poteva essere l’occasione per dimostrare che dal caso Englaro si era imparato qualcosa, e invece no.
La Repubblica scrive che «Antinori è arrivato come un ciclone al Policlinico San Matteo di Pavia, dopo che l’ospedale aveva dato l’ok al prelievo di liquido seminale».
Si tratta, spiega il quotidiano, del «professor Severino Antinori, il ginecologo-star, esperto di fecondazione assistita».
Se sia lecito, legale, etico non conta molto per il luminare, che – stando a Repubblica – ha espresso un bellicoso: «E adesso si va avanti. Voglio vedere come ci possono fermare».
Se sono davvero parole sue, il quadro è preoccupante. Una vicenda simile richiederebbe delicatezza e tatto.
Forse sarebbe stato il caso di chiedersi se la visibilità, i riflettori, il rumore dei media facciano l’interesse del paziente o del medico.
Forse bisognerebbe chiedersi se, magari inconsciamente, dietro a una dichiarazione come «procederemo alla fecondazione, secondo una nuova tecnica che ho sviluppato io stesso» non ci sia brama di apparire, più che interesse scientifico.
Per il momento nessuno si chiede nulla. Tutti a rivendicare i propri diritti e a perseguire i propri desideri, a costo di forzare i limiti, pur di raggiungere l’obiettivo. Come in un dibattito, il risultato finisce per non contare più: l’importante è ribadire le proprie ragioni a prescindere da una serena riflessione sulle motivazioni che spingono in una direzione, e le conseguenze che le scelte potranno avere a breve, medio, lungo termine.
Vale la logica del talk show, dove chi parla più forte ha ragione, e chi tace ha torto. E ad avere torto è il nascituro, che per ora esiste solo nei pensieri dei contendenti e che pare al centro dell’attenzione, ma sul cui triste futuro da orfano annunciato nessuno si interroga.