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Donna a metà
Quando pensi di aver capito come gira il mondo, ti ritrovi al punto di partenza.
La Corte di Cassazione ha sancito che “Per questo lavoro serve un uomo” è una frase discriminatoria meritevole di sanzione: nel caso specifico, settemila euro che un giornalista di casertano, insieme al sindacalista che aveva intervistato, dovrà versare alla direttrice del carcere di Arienzo. A indispettire era stato il titolo dell’articolo: “Carcere, per dirigerlo serve un uomo”, e la Cassazione ha dato ragione alla donna, in quanto si tratterebbe di un «gratuito apprezzamento contrario alla dignità della persona perché ancorato al profilo che deriva dal dato biologico».
Tra soldi e messaggio
«L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, non sulla fortuna. E invece qui tra Gratta e vinci, Superenalotto e la proposta di aprire case da gioco negli hotel di lusso sembra l’esatto contrario».
Detto dal sindaco di Sanremo, città che ospita uno dei quattro casinò italiani e che gode di parte dei suoi proventi (il 10% del bilancio municipale deriva proprio dalle tasche dei giocatori), potrebbe sembrar una manovra tesa a favorire i casinò rispetto alle altre forme di gioco d’azzardo: e invece il sindaco ha sorpreso tutti con una proposta decisamente controcorrente.
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Vita (poco) intelligente,
Qual è stato l’anno più importante della storia?
Non si tratta di un quiz ma una domanda posta qualche settimana fa da Intelligent Life, supplemento dell’Economist. Qualche malizioso potrebbe concludere che l’inserto in questione non deve essere poi così intelligente se perde tempo con domande così oziose, ma – nonostante l’obiezione non sia insensata – bisogna spezzare una lancia nei confronti del periodico: si tratta di una domanda tipicamente estiva, quando le notizie scarseggiano e i giornali di tutto il mondo si buttano sul “colore” o su inchieste senza troppo mordente.
E insomma: qual è stato l’anno che ha cambiato il mondo? «Gli esperti consultati dalla rivista – racconta Repubblica – naturalmente non raggiungono un accordo. Al massimo, in una discussione del genere, ciascuno può dire la sua».
Verità di troppo
150 ore di registrazioni e 30 mila pagine di documenti inediti, recentemente resi pubblici dalla Biblioteca presidenziale americana di Yorba Linda, in California, gettano nuove ombre su Richard Nixon.
Se il presidente, sul piano pubblico, viene già ricordato per lo scandalo Watergate che lo costrinse a dimettersi, ora si trova a fare i conti anche con rivelazioni su conversazioni private che, certo, non migliorano la sua immagine.
Scrive La Stampa che «Se c’è un filo comune nei documenti declassificati è aggressività e disprezzo di Nixon, verso gli amici come per gli avversari».
Insomma, nastri e carte rivelano un Nixon cinico, spregiudicato, insofferente verso le obiezioni da qualunque parte venissero. Niente di strano per un politico, a dire il vero.
Quel che lascia perplessi è il senso dell’operazione. Andare a pescare nella posta altrui è sempre pericoloso, e scrutare nell’intimità della vita familiare può provocare forti delusioni anche quando si tratta di grandi uomini: figurarsi quando lo si fa con un uomo pubblico che, per arrivare dove è arrivato, deve aver ceduto a una pioggia di compromessi.
È vero che, biblicamente parlando, “nulla è destinato a rimanere segreto”, ma forse dovremmo chiederci se la luce alla quale vogliamo portare il comportamento delle persone sia la luce cristiana o una luce guardona.
Certo, la verità deve emergere. Ma dovremmo chiederci a cosa facciamo riferimento quando parliamo di verità e, soprattutto, quale sia lo scopo della presunta verità di cui ci ergiamo paladini.
Anche chi spettegola, di solito, si difende esclamando “ma è la verità!”: se nulla deve restare segreto, allora il gossip è attività benemerita, e i ficcanaso sono i nuovi moralizzatori.
Nel valutare le persone è certo necessario il buonsenso di una valutazione su larga scala, ma capace di distinguere il grano dal loglio e di dare la giusta priorità alle informazioni raccolte.
Proprio come i sondaggisti che, in attesa dei risultati elettorali definitivi, non si basano acriticamente su tutti i dati, ma organizzano le proiezioni per dare un senso a quei dati.
Non tutte le sezioni elettorali sono ugualmente rappresentative e permettono di farsi un quadro attendibile della realtà generale. Proprio come le parole, le azioni, i comportamenti delle persone.
Tutto in un cognome
Set 7
Pubblicato da pj
«Perché dovremmo portare solo il cognome paterno?»: è una discussione che dal Sessantotto, con maggiore o minore realismo, ciclicamente riprende quota anche nel nostro paese. Da qualche settimana se ne riparla per la proposta di legge del deputato Giulia Bongiorno, che prevede – qualora approvata – l’assunzione obbligatoria del doppio cognome per tutti i cittadini neonati.
Non dovrebbe trattarsi di una norma retroattiva, per cui saremo graziati dall’imparare una nuova firma alla nostra non più tenera età, e l’incombenza spetterà solo ai nuovi arrivati.
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