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Il decennio senza prospettive
Cosa resterà di questo primo decennio di XXI secolo? Se lo chiede, con qualche tocco di lirismo, Vittorio Macioce sul Giornale.
Sembravano anni già visti, detti, profetizzati: «sono stati lì a scrivere, immaginare, sognare, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, viaggi nel tempo, teletrasporti, telelavori, cibernauti, argonauti, terre promesse, visitors e ufo robot. Poi il 2000 è arrivato e sono passati dieci anni. Non è che non è successo nulla, solo che il futuro, quando ci cammini sopra, non è questa cosa straordinaria».
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La legge dell’amore
Europa quotidiano riprende la notizia sul sostegno, promesso dai leader evangelici americani, alla riforma dell’immigrazione lanciata dal presidente Obama.
La prospettiva della testata è critica: dal favore degli evangelici alla nuova legge desume che «Gli ispanici diventano territorio di conquista per le chiese evangeliche americane. A giustificare la richiesta – concede Europa quotidiano – ci sono argomenti morali – la difesa dei diritti dell’immigrato, legale o clandestino – ma anche la volontà esplicità di fare proselitismo tra i latinoamericani».
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Piccoli regali quotidiani
Era un periodo nero per Neil Pasricha: a trent’anni, improvvisamente, si trovava ad affrontare un divorzio, vivere problemi sul posto di lavoro, scoprire un amico seriamente malato.
Le disgrazie non vengono mai da sole, e sembravano addensarsi sulla sua testa con una intensità pericolosa. E poi si sa: i fatti condizionano la nostra percezione, e rischiano di portarci in un circolo vizioso di pessimismo e autocommiserazione.
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Lo spezzatino di Verhoeven
Di artisti e intellettuali che hanno provato a riscrivere i vangeli è piena la storia: l’ultimo, in ordine di tempo, è il regista Paul Verhoeven che – segnala Il Giornale – ” passa dalla fantascienza alla teologia” con “un libro spericolato in cui si mescolano Vangeli e gnosticismo”.
Stando al regista, “Il Redentore sarebbe stato soltanto un uomo e per di più travolto dagli eventi”. Un Gesù assolutamente umano, che eredita quasi per caso i suoi discepoli alla morte di Giovanni Battista e solo con il tempo si convince di essere «qualcosa di più di un profeta».
Lo scrupolo del “perché io?”
È passato poco più di un mese, e come tutti i casi di cronaca, per quanto gravi siano, anche questo è stato ormai archiviato. Nessuno ne parla più, e in effetti non ce ne sarebbe motivo: un uomo, roso da un’instabilità mentale e da problemi familiari, ha ucciso la ex moglie e altre due persone con cui aveva un contenzioso, trasformando la Bassa padana in un far west e scatenando il panico tra la popolazione per un pomeriggio intero.
Loro sono morti, lui è in carcere (o in cura), il caso è chiuso. Eppure qualche domanda, a distanza di un mese, bisogna porsela: perché, rispetto a tanti uxoricidi, questo è complicato da due elementi che impensieriscono, o almeno dovrebbero farlo.
Il (presunto) miracolo piteco
E rieccoci. Puntuale come l’influenza, a ogni cambio di stagione arriva lo scoop epocale: «Trovato il presunto “anello mancante” tra l’uomo e la scimmia». Spiega il Corriere che si tratterebbe di una specie nuova, che «si colloca tra l’australopiteco (3,9 milioni di anni fa) e il primo ominide riconosciuto, l’homo habilis».
Lo scheletro di questo nostro ipotetico predecessore, o di questa sconosciuta specie di scimmia (permetteteci di mantenere un ragionevole dubbio sul fatto che le due cose coincidano) è stato rinvenuto in Sudafrica, «a Sterkfontein, in un sistema di grotte noto come la “Culla dell’umanità”, un sito catalogato come “Patrimonio dell’umanità” dall’Unesco. Lo scheletro, che è quasi completo nonostante abbia circa 2 milioni di anni, appartiene a un ominide che secondo gli esperti assomiglia all’Homo Habilis».
Donna a metà
Quando pensi di aver capito come gira il mondo, ti ritrovi al punto di partenza.
La Corte di Cassazione ha sancito che “Per questo lavoro serve un uomo” è una frase discriminatoria meritevole di sanzione: nel caso specifico, settemila euro che un giornalista di casertano, insieme al sindacalista che aveva intervistato, dovrà versare alla direttrice del carcere di Arienzo. A indispettire era stato il titolo dell’articolo: “Carcere, per dirigerlo serve un uomo”, e la Cassazione ha dato ragione alla donna, in quanto si tratterebbe di un «gratuito apprezzamento contrario alla dignità della persona perché ancorato al profilo che deriva dal dato biologico».