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Povia, Eluana e gli altri

Non mi azzardo a dire che ha ragione: sul tema della morte, paradossalmente, non esiste una parola “fine”. Non possiamo dire se Eluana Englaro volesse davvero morire o se stesse lottando per vivere, se le sue condizioni cerebrali fossero irrecuperabili o meno, se la sua situazione sarebbe stata considerata irreversibile anche tra un mese, un anno, cinque anni.

Di certo facendo di lei una bandiera, la si è esposta a una discussione – e a un’umiliazione – che non avremmo mai voluto per nostra sorella o  nostra figlia.

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Area di servizio (cristiano)

Onestamente non pensavo di trovare spunti di riflessione, qualche giorno fa, in un articolo di Panorama titolato “Gli italiani visti da Madame pipì”, dove un cronista del settimanale raccontava le storie delle donne addette alle pulizie degli autogrill.

Spaziando per i bagni delle aree di servizio sparse per le autostrade di mezza Italia, Raffaele Panizza incontra «Ann, nigeriana di 31 anni che passa le giornate al Ristop di San Giacomo sud leggendo la Bibbia e cantando ad alta voce i versi gospel che scrive per il coro della chiesaGes ù vive di Maddalusa, Brescia.
“Mi è capitato poco tempo fa un uomo disperato, che aveva perso 23 mila euro al Casinò di Venezia”, racconta. Lei per consolarlo ha attaccato a leggere un passo del Vangelo di Giovanni, paragrafo [sic] 15, versetti 1-7: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco…”. Gli ha parlato, con una mano sulla spalla, in mezzo ai viavai di gente. “Non so se la sua vita sia cambiata” dice in inglese, “ma quel giorno se n’è andato felice…”».

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Soli in mezzo alla crisi

La preoccupazione primaria per la metà degli italiani, nel 2009, è l’incertezza economica: il 32% teme la precarietà lavorativa, il 18% la caduta del tenore di vita.

Sono i dati che emergono da un sondaggio SWG commissionato dall’Associazione nazionale comuni italiani, resa nota in questi giorni e riportata oggi dalla Stampa.

Dopo la situazione economica, la paura più sentita dagli italiani è la microcriminalità (30%): a seconda della città si teme di più la violenza sessuale (Roma e Bologna), lo spaccio e l’immigrazione clandestina (Torino, Milano, Genova), i furti in casa (Venezia), la criminalità organizzata (Napoli).

Nel servizio della Stampa viene invece citata solo di sfuggita la terza paura degli italiani: il 12% teme l’angoscia della solitudine.

Più di un italiano su dieci, quindi, lascia in secondo piano la gravità della situazione economica e non si preoccupa principalmente nemmeno per la microcriminalità. La paura principale è quella di restare da solo.

Forse si tratta di persone anziane: andando avanti avanti con gli anni si assume una sensibilità sempre più accentuata nei confronti delle piccole cose e dei rapporti umani; più passa il tempo e più si teme di vedere venir meno la propria capacità relazionale. Se a qualcuno potrebbe sembrare un vantaggio, per i più anziani è un vero dramma.

Ma probabilmente in quel 12% non ci sono solo persone di una certa età. E forse le persone che hanno definito la solitudine la loro principale paura non sono immuni delle altre paure: anzi, forse le hanno vissute. Magari si tratta di giovani rampanti che hanno vissuto sulla propria pelle il tracollo di un’azienda che consideravano inaffondabile. O forse si tratta di manager che, fino a ieri, pensavano di poter dare un prezzo a qualsiasi cosa, anche ai rapporti umani: nel momento in cui la crisi si affaccia alla porta, si rendono conto che mercificando le relazioni le hanno compromesse, perdendo il senso dell’amicizia e della solidarietà. Dopo che per dieci anni o più hanno sacrificato famiglia e affetti alla carriera, il lavoro è diventato per loro l’unico strumento di relazione: una volta persa questa coperta di Linus, si ritrovano disorientati e incapaci di ricostruire una vita normale.

Come cristiani possiamo fare ben poco per risolvere la crisi o dare una soluzione al problema della microcriminalità. Ma possiamo fare molto per chi soffre di questa angosciosa solitudine, per chi ha visto crollare i propri riferimenti, per chi deve ritrovare una direzione di vita, per chi tenta di ricucire addosso alla coscienza un’etica e una morale convincente.

Non lasciamoli soli.