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Fede riflessa
La storia di Katy Perry è interessante.
Si tratta di una giovane cantante USA, che oggi il Corriere definisce (un po’ pomposamente) “L’erede di Madonna”, dedicandole una intera pagina di spettacoli. Ventisei anni, “è la numero 1 e viene lodata dalla popstar più famosa”, probabilmente non tanto per meriti artistici, che anche in Madonna non abbondavano, ma per l’immagine ambigua e pruriginosa – questa sì, settore di competenza di Madonna – che si sta ricavando grazie al suo look “da ragazzina impertinente degli anni Cinquanta” e ai testi delle sue canzoni.
Al momento infatti Katy Perry è in testa alle hit parade con “I kissed a girl” (ho baciato una ragazza), dove esprime amenità del tipo: Ho baciato una ragazza e mi è piaciuto… tanto per provarci… spero che al mio ragazzo non importi… mi è sembrato così sbagliato… mi è sembrato così giusto.
Il Corriere segnala fin nella titolazione che Katy è «figlia di due pastori protestanti», che ha «un tatuaggio “Jesus” sul polso e un esordio discografico nel settore christian music».
Vero: nel 2001, sedicenne, Katy Hudson (questo il suo vero nome) ha esordito nel campo musicale cristiano. D’altronde non poteva che cominciare così la figlia di due predicatori evangelici conservatori, seguendo un percorso che ricorda quello di Elvis Presley, Whytney Houston e molti altri.
Cosa sia cambiato, dal 2001 a oggi, non si sa. Forse niente, ed è questo il punto. Per chi cresce in un contesto cristiano, con genitori impegnati nel settore e un ambiente dove le priorità sono legate alla fede, è facile venire influenzati e credere di voler fare la stessa cosa. Credere di credere. E poi l’ambiente, almeno negli USA, è un buon trampolino di lancio per farsi conoscere, oltreoceano la musica cristiana “tira” anche come business.
Ma non si può vivere una fede di riflesso, specie in ambienti esposti e non facili come il mondo dello spettacolo (o della comunicazione). Sapere che la propria chiesa crede, che i propri genitori credono può essere un incoraggiamento, ma non è sufficiente. Il rapporto del cristiano con Dio è personale e diretto, nasce con una scelta e va alimentato ogni giorno per evitare che si spenga. E i momenti difficili, in fondo, servono anche a dimostrare a noi stessi se crediamo in quel che affermiamo, o se è solo un riflesso condizionato.
Quello di Katy Perry non è il primo caso né sarà l’ultimo: alle prime avvisaglie di successo, ecco che le certezze (altrui) si sgretolano, e un tatuaggio – che in qualche modo inizialmente voleva riprendere il significato del braccialetto WWJD – resta solo un tocco eccentrico a una personalità che non ha valori, né – ormai – limiti.
La ragazza del fiume
«Due milioni e settecentomila spettatori: questo il numero delle persone che hanno seguito ieri sera “Chi l’ha visto“, il programma di RaiTre dedicato alle persone scomparse e agli omicidi misteriosi. Nel corso della puntata, stravolta rispetto ai piani originari a causa delle nuove rivelazioni sul caso Orlandi, Federica Sciarelli è tornata anche sulla vicenda del cadavere di donna ritrovato nel Po lo scorso 25 maggio».
Se poi non saranno stati proprio due milioni e settecentomila gli spettatori arrivati svegli fino alle 22.40 per seguire il collegamento con Milano, non importa: è già una soddisfazione che la nostra testata venga interpellata da un programma Rai come fonte autorevole in relazione a un caso che, in qualche modo, risulta legato al mondo evangelico.
Nel breve intervento in diretta ho tentato di dare un quadro quanto più ampio possibile per inquadrare correttamente il contesto evangelico ed evitare quindi che il braccialetto venga considerato come un banale feticcio; la vicenda però mi ha fatto, ancora una volta, pensare.
Nel ragionare su un paio di possibili ipotesi sul perché una ragazza trovata cadavere nel Po portasse al polso un braccialetto “evangelico”, mi sono reso conto di quanto sia semplice, tutto sommato, che casi come questo avvengano.
In una normalissima chiesa evangelica arriva un volto nuovo: è una ragazza dal passato difficile, lo testimoniano un paio di ampi e aggressivi tatuaggi – di cui uno recente – e un modo di vestire trasandato per i nostri canoni. Viene da lontano, non si è mai ambientata nella zona perché il tempo disponibile l’ha trascorso con compagnie poco raccomandabili, e per questo è rimasta straniera nella città dove, per scelta o per ventura, vive ormai da anni.
La ragazza cerca: cerca una soluzione per la sua vita, cerca una risposta. Trova la fede. O, almeno, un granello di Parola si posa nel suo cuore. Le si apre un mondo che non conosceva, fatto di amore, solidarietà, persone semplici e sincere, magari un po’ fissate ma buone, che le fanno ritrovare fiducia nel genere umano. Capisce che può farcela, e comincia timidamente – lei, piantina ancora fragile – a frequentare culti e riunioni, fermandosi volentieri a scambiare due parole, magari senza aprirsi troppo per non scoperchiare un passato che preferisce seppellire. E che invece, a breve, seppellirà lei in un sacco, prima di buttarla nel fiume.
A un certo punto questa ragazza, che si è fatta vedere in chiesa per qualche mese con ragionevole costanza e buon interesse nei confronti della fede, sparisce improvvisamente.
Cosa fa la chiesa? Forse si chiede che fine abbia fatto. Ma non va a cercarla: in fondo venire in chiesa è una scelta, e poi magari ora ne frequenta una dove si trova meglio (lei, che era sempre presente con il sorriso sincero e stupito di chi ha trovato un tesoro), o magari si è trasferita, in fondo non era del posto, e poi a chi vuoi chiedere? Sì, l’abbiamo accompagnata una volta a casa ma non sappiamo esattamente dove abiti, e magari la mettiamo in imbarazzo, disturbiamo.
Magari potrebbero farlo i giovani? Ecco, sì, qualche ragazza potrebbe “fare una visita” con la scusa di vedere come sta: ma poi si sa come finiscono le cose, talvolta è più piacevole un concerto o un’evangelizzazione, e poi come fai a giudicare, se il Signore vuole ce la farà incrociare uno di questi giorni. E comunque, sia chiaro, preghiamo sempre per coloro “che si sono allontanati”. Com’è che si chiamava, a proposito, quella ragazza che si era avvicinata alla fede per un periodo, qualche mese fa?
Naturalmente la chiesa rappresentata qui sopra non è la nostra, ci mancherebbe altro. Noi non lasceremmo mai una persona in difficoltà senza fare del nostro meglio per aiutarla. Non è nostra abitudine rassegnarci quando un’anima comincia a perdersi. Siamo pronti a collaborare con i responsabili della comunità nella cura dei più deboli, confortandoci e incoraggiandoci l’un l’altro come dice la Bibbia. Come farebbe Gesù. Già.
“Cosa farebbe Gesù”: a volte viene da pensare che quel braccialetto dovrebbero renderlo obbligatorio. Come i vaccini.
In diretta a Chi l'ha visto…
Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito ieri sera su RaiTre. Sono contento di aver potuto dare un piccolo contributo al caso trattato, ma anche di aver ricordato brevemente agli spettatori cosa significhi essere cristiani.
È stata una bella sorpresa vedere scorrere le immagini del portale, durante il mio intervento, e qualche risultato in termini di visite (al sito, alla chat, al forum) c’è stato. E poi, parlare a 2 milioni e 700 mila persone in una volta sola… quando mi ricapita? 🙂
In diretta a Chi l’ha visto…
Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito ieri sera su RaiTre. Sono contento di aver potuto dare un piccolo contributo al caso trattato, ma anche di aver ricordato brevemente agli spettatori cosa significhi essere cristiani.
È stata una bella sorpresa vedere scorrere le immagini del portale, durante il mio intervento, e qualche risultato in termini di visite (al sito, alla chat, al forum) c’è stato. E poi, parlare a 2 milioni e 700 mila persone in una volta sola… quando mi ricapita? 🙂
Un braccialetto senza storia
Stamattina abbiamo ricevuto una chiamata dalla redazione di Chi l’ha visto, il programma di RaiTre che si dedica a cercare le persone scomparse e dare un nome alle vittime senza volto.
Il motivo della telefonata era quantomai inusuale: venivamo contattati in relazione a un omicidio avvenuto sulle sponde del Po, dalle parti di Mantova, non lontano da quella Sermide che per decenni ha visto attivo il centro dell’Arca Teen Challenge e ancora oggi ospita il centro di riabilitazione di Remar.
Una giovane donna – «età compresa tra i 16 e i 30 anni, peso tra 50 e 55 kg, statura 1,65 m. circa, capelli biondo-rossicci», spiega il verbale riportato sul sito della trasmissione – è stata trovata senza vita il 25 maggio nel fiume; nessun documento addosso al corpo, ormai irriconoscibile.
Chi l’ha visto si è occupato del caso nella puntata di lunedì 16 giugno, mostrando le immagini di quei poveri elementi che potevano aiutare a risalire alla sua identità: qualche anello, una fedina, un paio di braccialetti e due catenine.
E poi, un elemento che ha fatto sobbalzare qualche spettatore, tanto da spingerlo a contattare la redazione per segnalare un collegamento cui nessuno era arrivato, indirizzando a noi i curatori per un tentativo quasi disperato.
Al polso della giovane, si leggeva nel verbale, era stato ritrovato «un braccialetto in tessuto intrecciato multicolore recante la sigla W.W.J.D.».
Un particolare di una certa familiarità. WWJD sta per “What would Jesus do?”, “Cosa farebbe Gesù?”, e i braccialetti di stoffa con questa sigla sono nati una decina di anni fa negli Stati Uniti per stimolare i giovani a una vita cristiana costante e coerente; con il tempo si sono diffusi tra i giovani delle chiese evangeliche di tutto il mondo occidentale e sono ormai anni che si vedono comunemente anche ai polsi dei giovani evangelici italiani.
Considerato che non sono molto diffusi fuori dalle chiese, né vengono venduti nei mercati o nei negozi comuni, è stato impossibile non fermarsi a riflettere.
Chi poteva essere quella povera ragazza?
Sappiamo che era giovane, bassa, minuta, che portava pantaloni larghi – come usano i giovani oggi – e scarpe forse troppo grandi per i suoi piedi. Immaginiamo un passato non facile, a giudicare dai tatuaggi, uno dei quali piuttosto recente e aggressivo.
Non sappiamo molto altro, e non ci basta a scoprire chi fosse, da dove venisse e dove andasse. Sappiamo che è stata uccisa e gettata nel fiume insieme al suo passato, al suo presente e a un futuro che non vivrà più.
Certo, un caso come tanti, purtroppo. Ma c’è quel braccialetto. Forse si era messa in contatto, di recente, con qualche chiesa, e qualche giovane le aveva regalato quella striscia di stoffa come promemoria per intraprendere e perseverare in una vita diversa, lontano dai pericoli.
O forse era il regalo di un’amica che aveva voluto in questo modo aiutarla a ricordare sempre che, anche nella sua esistenza burrasosa, Qualcuno poteva starle accanto.
Chissà. Chissà da dove veniva quella ragazza così disgraziata. Chissà da dove veniva quel braccialetto che mai avremmo pensato di vedere sul suo polso, e che la avrebbe accompagnata nel suo ultimo viaggio.
“Cosa farebbe Gesù”, la interrogava quel pezzo di stoffa. “Cosa farebbe Gesù”, interroga oggi noi, messi di fronte a un caso così drammatico e misterioso.