Ognuno al suo posto

Pierluigi Battista esulta per una decisione presa di recente dal New York Times: «Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain aveva mandato un articolo e il giornale gliel’ha cestinato. McCain ha gridato alla censura, visto che il suo antagonista democratico Obama aveva ricevuto l’onore della pubblicazione. Ma stavolta la censura non c’entra. C’entra il diritto di un giornale di non pubblicare articolesse smisurate scritte in maniera sciatta, burocratica, pretenziosa, ostica. Come sono sciatti, burocratici, pretenziosi, ostici quasi tutti gli articoli scritti dai politici […] e che troppo spesso i giornali pubblicano per ragioni diplomatiche e malgrado il totale disinteresse suscitato anche nei lettori più indulgenti e ben disposti. Grazie, New York Times».

Battista si oppone a un uso ormai consolidato sulle testate di tutto il mondo occidentale (Italia inclusa): «I politici che inondano le redazioni… vogliono il contatto diretto con il popolo, ma non sanno contenersi e inviano i loro scritti gravati da una lunghezza smisurata e, a loro dire, non riducibile con sani e poderosi tagli. Ciò che si potrebbe dire in dieci righe, i politici lo sviluppano in cento righe. Inzeppano la loro prosa indigeribile di subordinate, di precisazioni, di incisi, di parentesi. Ritengono indispensabile guarnirli con il sapore di proclami altisonanti, premesse magniloquenti, introduzioni più che alate. Farciscono le loro analisi con il lessico più stantio del più orrendo politichese, speziato qui e là con un accademichese altrettanto orrendo e se si può ancora più sussiegoso, gergale. Insopportabile».

Rifiutano le interviste, che “considerano la notizia un’eccessiva semplificazione” del loro pensiero, e «mandano alle redazioni interventi noiosi sotto forma di lettere aperte. Relazioni che procedono per centinaia di righe nel vuoto più assoluto. Se devono replicare a un articolo che non garba loro, usano uno spazio quattro volte superiore a quello adoperato nell’articolo che ha scatenato l’ansia dell’immediata risposta.

La riflessione di Battista ci solleva. Anche noi di evangelici.net, testata secondaria e di nicchia, riceviamo spesso ogni genere di commenti “con preghiera di pubblicazione” da parte di esponenti di chiese, missioni, o da liberi battitori che si considerano investiti da un mandato.

Mandato di cui non dubitiamo, ma che dovrebbero saper limitare con giusta obiettività alla loro chiamata: predicare non è scrivere, evangelizzare non è informare. I commenti, le risposte, le precisazioni che riceviamo troppo spesso risultano verbose e noiose, contengono più citazioni scritturali di uno studio biblico, soffrono di involuzioni, cadono in ingenuità, peccano di una mancata comprensione del contesto.

Siamo una testata di nicchia, ma riteniamo che sia nostro dovere offrire un servizio informativo, specifico ma attendibile, mirato ma non per questo propagandistico. Per questo ci permettiamo di sorvolare su questi interventi; questo provoca inevitabilmente malumori e, talora, qualche protesta.
Da oggi, con tutto il rispetto, potremo dire che lo fa anche il New York Times.

Pubblicato il 31 luglio, 2008 su Uncategorized. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.

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