Giuramento d’ipocrita

Ippocrate è contro l’aborto, non si giura con quelle parole”: Paolo Gallinaro, ordinario di Ortopedia e presidente di commissione di laurea in Medicina e chirurgia all’università di Torino ha sollevato una polemica sulla formula che, da secoli, segna la fine del percorso di studi per ogni studente di medicina.

Il motivo del rifiuto è contenuto nelle parole della promessa, che a un certo punto recita “… neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto”: «più che il giuramento dei medici, oggi, questa formula suona più come il credo dei medici cattolici», commenta il professore.

Non solo: una formula simile, sostiene il docente, va contro la legge. «L’aborto – insiste Gallinaro – oggi è consentito dalla legge italiana: leggere o far leggere quel giuramento a un medico neo laureato significerebbe chiedergli di giurare il falso».

Gallinaro solleva un problema più annoso e più ampio di quanto si pensi. Non è solo una questione di conflitto tra un giuramento antico e la legge attuale, ma di coerenza personale.

Perché un giuramento è, o dovrebbe essere, qualcosa di serio. La legge stessa, in ogni paese, prende in considerazione la dichiarazione giurata come elemento dirimente e incontestabile: come sostenevano (o forse sostengono ancora) i manuali di diritto privato, «solo un empio potrebbe cercare di avere ragione attraverso lo spergiuro». Vale in un contesto secolare e laico, e vale tanto più nell’ambito cristiano. La Bibbia, a dire il vero, raccomanda ai cristiani di non giurare affatto, ma a essere onesti sempre e comunque: “il vostro parlare sia sì il sì, no il no”, come a dire che il cristiano dovrebbe avere una coerenza così specchiata da non aver bisogno di confermare le proprie parole con un giuramento.

In questo contesto non ci sorprende tanto il fatto che il giuramento di Ippocrate sia stato sottoscritto, negli ultimi quarant’anni, da tanti medici che avrebbero poi praticato senza troppe remore le interruzioni di gravidanza. Ciò che turba, piuttosto, è che per secoli, se non millenni, schiere di medici cristiani abbiano giurato «Per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee».

Proprio quei cristiani cui la Bibbia raccomanda di non giurare, hanno basato la loro professione su una (buona) dichiarazione di principio, ma chiamando a testimone non Dio, bensì proprio quegli “dei stranieri” che la Bibbia chiede di non nominare nemmeno.

Suona sorprendente che, proprio come pagani qualsiasi, le parole dei nostri medici cristiani abbiano attraversato, con indolenza, disattenzione o superficialità, il marmo del giuramento di Ippocrate senza curarsi della portata che quelle parole potevano avere nell’ottica della coerenza cristiana.

Intendiamoci: abbiamo sempre ammirato – e continuiamo ad ammirare – chi si impegna in anni di faticosi studi e lunghi anni di apprendistato con l’obiettivo di aiutare gli altri. Tutelare la vita degli altri, amare gli esseri umani, testimoniare la propria fede attraverso una professione che è anche una missione è decisamente onorevole.

Per questo risulta ancora più paradossale che un impegno – cristiano – così serio e lodevole non sia stato assunto per conto di Colui che lo ha ispirato ma in nome di altre entità, da cui non discende nulla di buono e con cui non abbiamo nulla da spartire.

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Pubblicato il 24 marzo, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Non c’è da meravigliarsi; non so all’estero, ma da noi sono anni che le parole non hanno più alcun senso e si possono usare ed abusare a proprio piacimento. Vedi per esempio le dichiarazioni fatte dai politici, puntualmente smentite e corrette il giorno dopo, senza che nessuno abbia il coraggio di dire a questi signori che sono persone bugiarde e poco serie. Si può dire tutto e il contrario di tutto, professare fedi e ideologie, e poi vivere e comportarsi in modo del tutto incoerente. In questo i cristiani non sono da meno, conoscevo uno che prima di farti un sermone sull’amore, evitava, se poteva, anche di salutarti; quasi tutto in lui, sguardo compreso, era la negazione di quello che predicava. Comunque, al di la dei casi limite che saltano agli occhi, credo che i cristiani, chi più, chi meno, incoerenti lo siamo tutti, e che una volta presa coscienza del limite, abbiamo tutti il dovere di cercare di raddrizzare il timone.

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