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Buoni maestri

Ricomincia la scuola. Tornano in aula otto milioni di ragazzi e 700 mila docenti, e si apre con i consueti problemi: strutture inadeguate, precari senza certezze, regole poco certe e una certa dose di disinformazione su cause e rimedi, proposte e riforme.

Eppure, nonostante gli acciacchi e i rattoppi, malgrado in troppi la vedano come un parcheggio per i figli o un diplomificio, una sorta di Facebook non virtuale o una palestra di bravate, la scuola resta un pilastro nella nostra società.
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La missione impossibile del nonno-vigile

In tutte le città del nostro paese, da settembre a giugno, gli attraversamenti pedonali davanti alle scuole si popolano di una categoria visibile e poco rumorosa: i “nonni vigile”. Si tratta, normalmente, di pensionati che si mettono a disposizione della collettività e ogni mattina, con la loro pettorina catarifrangente e la paletta da vigili, fanno strada ai ragazzi che devono attraversare la strada, fermando nel contempo le auto di passaggio.

Un ruolo bistrattato: gratuito, poco apprezzato e, talvolta, bersaglio addirittura di insulti, perfino da parte di quei genitori che dovrebbero ringraziare queste persone per il loro impegno.
Un compito sempre più ingrato quello dei nonni vigile, tanto che a Pordenone, qualche mese fa, è emersa una tendenza preoccupante: a causa della maleducazione dei genitori, alcuni nonni vigile hanno rassegnato le dimissioni.
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Giuramento d’ipocrita

Ippocrate è contro l’aborto, non si giura con quelle parole”: Paolo Gallinaro, ordinario di Ortopedia e presidente di commissione di laurea in Medicina e chirurgia all’università di Torino ha sollevato una polemica sulla formula che, da secoli, segna la fine del percorso di studi per ogni studente di medicina.

Il motivo del rifiuto è contenuto nelle parole della promessa, che a un certo punto recita “… neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto”: «più che il giuramento dei medici, oggi, questa formula suona più come il credo dei medici cattolici», commenta il professore.

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Voti a perdere

La telefonata che segue è di ieri sera, giunta al centralino di una missione evangelica lombarda. Ometto il nome del protagonista solo per carità cristiana.

«Buongiorno, sono il signor Tale – esordisce con sicurezza il personaggio -. Le telefono perché mi candido alle prossime elezioni, e volevo un incontro con la vostra associazione. Sa, io ho molto a cuore i valori delle realtà cattoliche…».
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Generosità a termine

“Italiani generosi, ma meno di prima“: un’indagine del Corriere segnala come sia calata da parte dei privati la disponibilità a sostenere associazioni benefiche.

A risentirne di più sono state le realtà che si occupano di sanità e di ricerca scientifica, che hanno subito anche il contraccolpo di una minore generosità da parte di aziende e fondazioni.

Non che manchi l’interesse per il bene altrui: 9 milioni e 200 mila contribuenti, nel 2008, hanno destinato il loro cinque per mille alle onlus convenzionate con lo Stato, e in particolare alle realtà coinvolte nel sociale (ai primi posti Medici senza Frontiere, Emergency, Unicef).

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Suocera si diventa

Un corso educativo per suoceri: è la proposta della curia udinese, che ha organizzato «un vero e proprio corso per educare le suocere a non fare le “suocere”».

Consapevoli che tre matrimoni su dieci (ma, in certe zone, addirittura il 50%) naufraga anche a causa di interferenze che provengono dalle famiglie d’origine dei coniugi, l’arcidiocesi ha deciso di proporre, in collaborazione con tre psicologhe, alcuni incontri su temi per niente scontati: “E vissero felici e contenti. Relazioni familiari tra illusioni e realtà”, “A pranzo con i miei. Storie di ordinaria amministrazione”, “Mi tieni il bambino? La solidarietà tra generazioni”.

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Cinquant'anni di Zecchino

Esattamente cinquant’anni fa, il 24 settembre 1959, andava in scena a Bologna la primissima edizione dello Zecchino d’oro. Si trattava quasi di un numero zero, ma l’idea di Cino Tortorella, accolta dall’Antoniano, mosse i suoi primi passi proprio in quella occasione.

Cinquant’anni di canzoni, di bambini, di cori (preparati, fino a qualche anno fa, dalla compianta Mariele Ventre); cinquant’anni di messaggi educativi e di testimonianza cristiana, di valori – il rispetto per gli altri, la fratellanza, la solidarietà – che, per quanto si sia stemperata nel tempo, ha segnato un’epoca e potrebbe avere ancora molto da dire.
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Cinquant’anni di Zecchino

Esattamente cinquant’anni fa, il 24 settembre 1959, andava in scena a Bologna la primissima edizione dello Zecchino d’oro. Si trattava quasi di un numero zero, ma l’idea di Cino Tortorella, accolta dall’Antoniano, mosse i suoi primi passi proprio in quella occasione.

Cinquant’anni di canzoni, di bambini, di cori (preparati, fino a qualche anno fa, dalla compianta Mariele Ventre); cinquant’anni di messaggi educativi e di testimonianza cristiana, di valori – il rispetto per gli altri, la fratellanza, la solidarietà – che, per quanto si sia stemperata nel tempo, ha segnato un’epoca e potrebbe avere ancora molto da dire.
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Samaritani digitali

A Rhonda Surman evidentemente non andava proprio giù l’idea che quei due giovani sposini non avessero più le foto della loro luna di miele: aveva ritrovato la loro macchina fotografica digitale in un sito archeologico scozzese, senza nomi né altri riferimenti ai proprietari. Così, attraverso una ricerca in rete, la diffusione delle foto sui social network e la collaborazione degli internauti, è riuscita a risalire fino ad Aberdeen e alla casa dove viveva quella anonima coppia un po’ sbadata.

La storia ha ispirato il New York Times – e il Corriere, che l’ha rilanciata in Italia – perché rappresenta una nuova tendenza: quella dei «”digital Samaritans”, i samaritani digitali, quelli che non se ne fregano insomma, per identificare coloro che si impegnano per restituire oggetti ritrovati a chi li aveva originariamente perduti. Una missione, questa, che le nuove tecnologie rendono oggi particolarmente semplice».

Semplice, ma non scontata: il Corriere segnala che «è soprattutto l’intraprendenza personale, la voglia appunto di farsi buoni samaritani, a fare la differenza. Chi trova una macchina fotografica potrebbe anche decidere di tenersela. Consegnarla alle autorità di polizia può già sembrare un gran gesto, quanto basta per sentirsi a posto con la coscienza. Ma attivarsi e dedicare del tempo facendo di tutto per cercare di riportare l’oggetto nelle mani di chi l’ha perduto è decisamente qualcosa che va oltre».

Ed è forse questo il punto. Il web, insieme a tutta la tecnologia che ha invaso le nostre vite, è uno strumento, non un fine. Non vive di vita propria, non possiede una sua etica. Dipende da noi, ed è paradossale che talvolta ci ritroviamo convinti di dipendere da lui.

I mezzi sono neutri. Possiamo usarli per frodare le tasse, costruire bombe, allacciare rapporti poco raccomandabili. Oppure possiamo servircene per dare speranza a chi soffre, sollecitare le giuste domande, venire in aiuto di chi ha bisogno di noi. Ci permette di farlo più di ieri, meglio di ieri, in maniera più incisiva di ieri.

Le potenzialità ci sono, ma i contenuti dobbiamo metterli noi. Le tecnologie si limitano a enfatizzare, amplificare, portare all’estremo quello che siamo. E il modo in cui le usiamo racconta di noi, dei nostri valori, dei nostri scopi.

La tecnologia non ha un cuore. Noi sì. O almeno si spera.