Egualitarismi travisati

Il Corriere dedica un articolo al secolare conflitto tra bellezza e sapere.

Prima scena. Un gruppo di studentesse universitarie londinesi partecipa a uno dei tanti concorsi di bellezza organizzati per attirare gli sguardi maschili e illudere le menti femminili che l’estetica basti a costruirsi un futuro (una su mille ce la fa, le altre arrancano. E forse, a ben guardare, finisce meglio per quelle che non ce la fanno).
Sia giusto o sbagliato, succede: in ogni stagione, in ogni parte del mondo.

Seconda scena. Un gruppo di studenti inviperiti contesta il concorso di bellezza. «Questa gara va cancellata. Veniamo all’università per essere giudicati sulla base della preparazione accademica e non per mostrare caratteristiche esteriori», ha detto una rappresentante studentesca davanti al locale dove aveva luogo la sfilata.

In fondo non c’è niente di strano: le fanciulle hanno la libertà di esporre le loro grazie, le femministe il diritto di contestare la mercificazione della bellezza esteriore. Quel che stupisce, semmai, sono gli argomenti usati.

Non abbiamo motivo né interesse a difendere un genere di manifestazione ormai inflazionato, che con gli anni ha perso in termini di buon gusto e guadagnato in banalità.

Ma la logica non è un’opinione. Nessuno mette in dubbio che l’università non sia il luogo per esporre le proprie velleità da veline (anche se, con un rapido giro in biblioteca, spesso si resterebbe convinti del contrario). Nessuno mette in dubbio che non siano le caratteristiche esteriori a garantire un risultato accademico (anche se, dalle cronache degli ultimi anni, la si potrebbe pensare diversamente).

Il fatto è che suona ridicolo indignarsi perché «il concorso esclude le ragazze che non hanno le caratteristiche per comparire sulle pagine delle riviste glamour».

Non siamo tutti uguali (e meno male). L’importante è non considerare questa differenza un handicap e non vivere la differenza con invidia, quanto piuttosto come arricchimento.

Pubblicato il 3 dicembre, 2008, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Ma dai! Qualcuno vuol farci credere che a un concorso per diventare Miss University misurano l’intelligenza e la preparazione delle partecipanti? Se così fosse, sarebbe bastato il resoconto dei voti e una prova per verificare la cultura delle “miss”.

    Io comunque ci vedo una grande ipocrisia anche da parte delle candidate: vorrei vederle mentre cercano un lavoro; dici che giocano solo le carte della preparazione e della bravura?

    C’è anche un altro aspetto da considerare, però: l’essere diversi uno dall’altro è una realtà, il problema nasce quando sono gli altri che non ti accettano per quello che sei. Ci vuole una personalità forte per farti scivolare addosso l’essere trattato in modo impari.

    Però, quello delle mucche da fiera… quanto è vero! 🙂

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