Quel dolore nascosto sotto i portici

Una ricerca dell’università di Bocconi di Milano getta una nuova luce sui clochard che vivono nelle strade della metropoli: «Sono uomini, istruiti, nel pieno della vita… sono persone comuni: l’età media è 40 anni, il titolo di studio più frequente è il diploma di scuola superiore».

Forse il dato più sorprendente è proprio quello relativo al grado di istruzione: «Su circa 4mila senzatetto intervistati, il 30 per cento dichiara di aver concluso gli studi superiori, il 7 per cento di aver addirittura conseguito la laurea».

Non sono fannulloni, ma lavorano quando e come possono: in un periodo difficile per tutti, spesso non ricavano più di un’occupazione interinale o di qualche attività in nero.

Le ragioni della loro vita raminga sono meno scontate di quel che si pensa. Per gli stranieri «la vita per strada è una condizione temporanea, dovuta all’immigrazione. Chi arriva nel nostro paese spesso non ha lavoro, non conosce la lingua, non ha i documenti in regola. Per questo non riesce a trovare casa e si accontenta del marciapiede, almeno i primi tempi».

Il clochard italiano, invece, «nella maggior parte dei casi ha subito un grave trauma: ha divorziato, perso il lavoro, si è ritrovato senza casa da un giorno all’altro».

Stando alla ricerca della Bocconi, quindi, è lontano dalla verità lo stereotipo del barbone alcolista: «droga e dipendenza dall’alcol coinvolgono solo il nove per cento dei clochard».

Insomma, per le anime in pena che i milanesi scorgono sotto i portici del centro cittadino alla sera infagottate in una coperta e circondate di stracci, «dormire in strada non è una scelta, ma la conseguenza di traumi sociali e familiari».

Il Giornale, commentando l’indagine, nota giustamente che si tratta di un quadro molto lontano dall’immaginario collettivo. Noi aggiungiamo che questa indagine offre una nuova possibilità: non ai clochard, ma a noi.

A quanto pare sono pochi i barboni-filosofi raccontati spesso nei telegiornali, personaggi eccentrici che rivendicano la loro libertà anche a costo di una rinuncia parziale alla dignità.

La maggior parte dei senzatetto vive una realtà molto più prosaica: dietro quelle facce spaurite e sporche si nasconde un dolore, un dramma, una disgrazia.

Spesso li guardiamo con indifferenza, fastidio, forse anche con un po’ di paura. Magari da oggi potremo osservarli con occhi nuovi.

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Pubblicato il 24 febbraio, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.

  1. E’ un dramma sociale che meriterebbe più attenzione da parte di tutti. E’ una di quelle situazioni da cui nessuno deve sentirsi immune in quanto è così sottile la linea che ci divide dal vivere una vita di stenti che in ogni momento potremmo trovarci in quella situazione.
    Pensiamo agli alcolizzati, agli ex detenuti, ai malati di mente, ai padri separati, e così via.

  2. e veramente un problema, che ti strazia il cuore, ma… che fare? il primo aiuto dovrebbe venere dalla famiglia, parenti, vicini, comune, questo ci è stato insegnato ama il tuo prossimo come te stesso…. prima ama Dio con tutto te stesso,…
    e poi tutto verrà da sè…..

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