Fuori tempo massimo

«Vittoria!» – «Vergogna!»

Le reazioni del mondo evangelico alla sentenza di Strasburgo sulla rimozione dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane non potevano essere più antitetiche. Posizioni diverse e legittime, che si basano su considerazioni opposte. Da un lato una tendenza laicista che, spesso, deborda su posizioni di principio anticattoliche, senza se e senza ma; dall’altro una linea meno rigida, più comprensiva, che però rischia di passare per una manovra di ripiegamento.

La questione si pone, non c’è dubbio. Non sappiamo se debbano risolverla i giudici europei oppure quelli italiani, o se piuttosto dovrebbe prevalere il buonsenso.

Resta il fatto che quella relativa al crocifisso rischia di risultare una battaglia vinta fuori tempo massimo.

Vent’anni fa – altri tempi – a scuola gli acattolici di ogni denominazione chiedevano con cortesia, ma senza esito, la rimozione del simbolo religioso. L’esigua percentuale dei richiedenti non offriva particolari speranze di successo e nemmeno di arrivare a un onesto compromesso: una croce nuda, senza la riproduzione del Cristo, di cui si rivendicava la risurrezione.

Oggi le condizioni sono cambiate e – come già rilevavamo a margine di precedenti vicende legate a questa disfida – si rischia di finire dalla parte sbagliata con le motivazioni giuste.

Perché la percezione pubblica delle azioni non sempre tiene in considerazione le motivazioni, e rischia di venir vista come un’azione ostile verso principi di civiltà che, invece, risultano assolutamente condivisi anche da chi contesta il simbolo religioso.

La sentenza di Strasburgo, come da copione, ha provocato in campo politico ampie reazioni e dichiarazioni di segno opposto. C’è da immaginare che da parte di molti cristiani nominali – quelli cioè che ritengono sufficiente limitare la propria fede cristiana a una fugace comparsa in chiesa un paio di volte l’anno e a qualche vaga dichiarazione di principio in occasioni come queste – la sentenza verrà percepita come un guanto di sfida più che come la conferma di un diritto.
E non sapremmo dire se sarà uno strumento utile per avvicinarli, o se si rivelerà un boomerang.

Non dovremmo mai perdere di vista il senso del nostro impegno. Nell’infervorarci per una causa non dovremmo mai dimenticare che il fine della nostra battaglia, come cristiani, non è far prevalere un principio ma comunicare un messaggio. Se distinguersi può servire a questo scopo, ben venga. Ma se deve essere un motivo di ostacolo, diffidenza, ostilità, allora dovremmo chiederci se, per caso, non siamo saliti sul carro sbagliato.

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Pubblicato il 4 novembre, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 4 commenti.

  1. Copio e incollo il brevissimo post che ho scritto nel mio blog sul soggetto.

    Si al crocifisso
    E’ povero chi ha una fede poggiata su simboli e riti, ma è molto più povero chi chiede la rimozione del simbolo.
    Se poi la richiesta è motivata da una malcelata avversione a Cristo e ai cristiani, allora oltre che povero è meschino.

  2. Per vedere Cristo sulla croce, non è necessario crederci”. Questo sottointende e dice la sentenza di Strasburgo e, riconoscendo il valore oggettivo assoluto del simbolo, sembra, ovviamente, quasi contraddittoria.
    Oggi scopriamo che anche per i non cristiani e i non credenti, la croce non è più un pezzo di legno, ma è giuridicamente e ufficialmente un simbolo vivo.
    Ma la presenza della croce nei paesi cristiani,e in particolare nei paesi cattolici, non è prerogativa delle aule scolastiche. Ci sono croci e simboli religiosi cristiani in tutti i luoghi pubblici: strade, piazze, muri ecc. Proviamo, con un po’ di ironia, ad immaginare il prossimo “legittimo” atto degli iconoclasti della corte europea che potrebbe essere la richiesta (= l’ordine) di rimuovere anche questi simboli. Così, dopo l’abbattimento dei campanili, (perchè,dirà la sentenza, “protèsi a Dio dall’ombelico del mondo”) il terzo passo forse riguarderà i musei. Con buona pace per Cimabue, Giotto, Antonello e adepti, crocifissi ed immagini religiose verranno spostati in apposite sale buie e tenebrose, con accesso riservato, per esempio nel caso di gite scolastiche, solo a studenti con speciale e precisa autorizzazione dei genitori.
    Eppure, a ben vedere, proprio per noi, che siamo stati battezzati, oggi la croce non è più solo un simbolo religioso. Essa ha anche ormai un significato laico, e valido per chi è agnostico o per chi non crede (significato anch’esso divino e buono: l’equilibrarsi sui suoi bracci di amore e giustizia, il risiedere del nostro cuore nell’interiore del suo legno, giù nel profondo sino alla terra, sottoterra): infatti, ad ognuno di noi, prima o poi, tocca di portarne una, di croce. Sarà la volontà di rimuovere questa individuale croce interiore l’atto finale della vicenda iniziata con la sentenza alsaziana? In ogni caso, (mi permetto di dire: con lungimiranza) io guardo già ai giudici di Strasburgo come a dei moderni ridicoli falsi taumaturghi.

  3. Credo che Dio, prima ancora di guardare l’esteriore (sentenza per la rimozione dei crocifissi), guardi l’interiore (cioè l’intenzione e le motivazioni che hanno indotto la Corte ad emanarla).
    Secondo me sarebbe opportuno che ognuno, prima di prendere posizione, si soffermi a valutare tali intenzioni e motivazioni.

  4. Copio e incollo:

    «Povero Cristo, difeso dai preti come suppellettile e raccoglitore di polvere nei luoghi pubblici e da tutti dimenticato come Uomo-Dio che accoglie tutti e dichiara che sono beati i poveri, i miti, coloro che piangono, i costruttori di pace, i perseguitati, gli affamati! Povero Cristo, difeso dagli adoratori del dio Po e di Odino che ne fanno un segno di civiltà, mentre lasciano morire di fame e di freddo poveri sventurati in cerca di uno scampolo di vita.

    Povero Cristo, difeso dalla “ministra” Gelmini che trasforma il Crocifisso in un pezzo di tradizione “de noantri”, esattamente come la pizza, il pecorino, i tortellini. Povero Cristo, difeso da Bertone che lo mette sullo stesso piano delle zucche traforate.
    Povero Cristo! Gli tocca ringraziare la Corte di Strasburgo, l’unica che si sia alzata in piedi per difenderlo dagli insulti di chi fa finta di onorarlo. Signore, pietà!

    Guardando a quel Cristo che è il senso della mia vita di uomo e di prete, ho la netta sensazione che dalla sua comoda posizione di inchiodato alla croce, dica: “Beati voi, difensori d’ufficio… beati voi che ho i piedi inchiodati, perché se fossi libero, un calcio ben assestato non ve lo leverebbe nessuno”».

    (di Paolo Farinella – http://www.beppegrillo.it/2009/11/povero_cristo_i.html)

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