Vecchiaia, il concetto proibito

In un mondo che vuole cancellare i segni dell’età, cresce il numero degli over 65 che si ribellano e proclamano: “Vogliamo invecchiare in pace“. Ne parla Panorama, che con un articolo di Stefania Berbenni sfata un tabù: la vecchiaia non è una disgrazia, ma una condizione da vivere al meglio accettando i segni del tempo senza troppi patemi.

Gli over 65, che rappresentano il 20% della popolazione italiana, sono stati privati del potere “di essere vecchi, di mostrarsi con la loro identità anagrafica, dentro e fuori“, ed emerge sempre più spesso l’insofferenza verso “la dittatura dell’apparire giovani, contro la mistica dell’essere in forma, contro l’ingannevole bluff al tavolo da gioco del tempo”.

In una società dove esiste una sola età possibile, l’età adulta, la vecchiaia è un imbarazzo “da negare o da mettere in ridicolo”. E invece, spiegano gli esperti più sobri, quella degli over 65 è solo una “diversa normalità… e loro sono i primi a dover accettare questa diversa normalità“, nonostante la società rifiuti il solo pensiero di invecchiare e per questo costringa l’ottantenne ad atteggiarsi da ventenne, comportarsi da trentenne, apparire quarantenne e a offendersi (o deprimersi) quando qualcuno, per calcolo o per gaffe, azzecca l’età giusta anziché quella voluta.

La società del tutto e subito non sa accettarsi: obbliga le teenager all’emancipazione precoce, per poi pretendere di trattenere il più a lungo possibile il mito dei trent’anni, difendendolo con le unghie e con i denti, in un trattamento estetico che somiglia sempre più a un accanimento terapeutico, doloroso fuori e frustrante dentro.

In fondo il problema è sempre lo stesso: ci illudiamo di poter cambiare il ciclo della vita, di poter spostare il limite assoluto con le nostre sole forze, di poter prolungare la scadenza di qualche giorno, mese, anno, ingannando il tempo e nascondendoci al nostro destino. E così, paradossalmente, a furia di correre prima e di frenare poi, ci perdiamo il meglio della vita nel vano tentativo di fermare il suo corso.

Non accettiamo l’idea di avere dei limiti, questo è il punto: ci inalberiamo per il fatto di non poter decidere senza condizionamenti esterni il nostro destino, illudendoci nel contempo di conoscere più di chiunque altro ciò che sia meglio per noi. Intendiamoci, potremmo anche venire a patti con l’idea che ogni fase della vita abbia i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, ma vorremmo essere noi a decidere se vivere la nostra adolescenza a 15, 30, 45, 60 o 80 anni.

Un delirio di onnipotenza che potrebbe essere comprensibile in età puberale, ma che dovrebbe diradarsi con il passare degli anni, in ossequio alla maturità che ogni adulto dovrebbe possedere, sviluppare, affinare. E, possibilmente, utilizzare.

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Pubblicato il 16 agosto, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. mi scuso se lo trovo leggermente superficiale.
    non affronta i problemi del significato dell’nzianità.

    • Naturalmente non mi illudo di affrontare in un singolo intervento tutti i risvolti di un tema così complesso; sarà però gradito ogni opportuno commento per arricchire il quadro.

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