Ventiquattr’ore prima

2 agosto 1980: alla stazione di Bologna esplode una valigia che contiene duecento chili di esplosivo. 85 i morti, centinaia i feriti che porteranno per sempre, nel corpo e nell’anima, i segni di quella drammatica esperienza.

Sono passati trent’anni da quel due agosto. Era sabato, e la stazione di Bologna – centro ferroviario nevralgico per il nostro Paese – pullulava di viaggiatori: turisti stranieri, emigranti pronti a trascorrere al paese le agognate ferie, famiglie dirette al mare, ragazzi alle prese con le loro prime esperienze vacanziere senza i genitori.

Poteva essere una strage, e purtroppo strage è stata: pianificata con diabolica meticolosità, eseguita con cinica ferocia, gli esecutori hanno abbandonato la valigia della morte nella sala d’aspetto della seconda classe, ossia nel luogo più frequentato di una stazione gremita nei giorni di più intenso traffico.

Oggi molti evangelici, come molti italiani, lo ricordano come un avvenimento doloroso e vergognoso, ma senza quella connotazione personale che si appunta inevitabile sul petto di chi ha perso un proprio caro.

In questi casi, di fronte a una tragedia immane, è naturale pensare che “poteva esserci qualcuno dei miei cari“. Pochi sanno quanto questa frase, in relazione alla strage di Bologna, sia drammaticamente vicina al vero.

Appena ventiquattr’ore prima, infatti, la stazione ospitava anche bambini e ragazzi provenienti da decine di chiese evangeliche sparse per la Penisola: venerdì è il giorno che, d’estate, tradizionalmente segna il cambio di turno nei campi biblici per ragazzi, e alla vigilia di quel fatidico due agosto erano numerosi i giovani che lasciavano il campo biblico di Vado, sui colli bolognesi, o guadagnavano in treno il capoluogo emiliano per raggiungerlo. Quasi tutti, in attesa di un treno o di un pullman, aspettavano all’interno della stazione.

Succedeva appena il giorno prima. Sarebbe basta un’inezia – un cambio nei programmi dei terroristi, la necessità di anticipare l’azione, o anche solo un banale errore degli esecutori – e avremmo ricordato la tragedia in termini molto più personali.
La cosa triste non è aver sfiorato il dramma, ma – come novelli Mister Magoo – averlo evitato senza nemmeno rendersene conto.

Forse, in questo mesto trentennale, lo scampato pericolo di morte di uno di noi, o dei nostri figli, potrebbe essere un valido motivo per provare gratitudine, e per mostrarla esprimendo affetto e vicinanza verso le vittime di quella tragedia. Una tragedia più vicina di quanto potessimo immaginare.

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Pubblicato il 2 agosto, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. … due ore dopo… ero la… :s sono passata in treno per andare… al mare 😐 (L.)

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